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Quando l'industria stimola la ricerca: il World Technology Summit in California

Un diverso modello per il trasferimento tecnologico sull'inteligenza artificiale, quello proposto dall'IEEE in California. Le tematiche di ricerca sono suggerite da Google, Microsoft e altre imprese tecnologiche.



L'approccio classico nel mondo scientifico e' "il ricercatore individua un tema di ricerca considerando lo stato dell'arte nel suo settore, e l'industria cerca nella ricerca risultati trasformabili in nuovi prodotti". La ricerca vede nell'impresa un supporto economico e la possibilita' di trasferire sul mercato alcuni dei suoi ritrovati. Lo sanno bene i centri per il trasferimento tecnologico (e la valorizzazione della ricerca) di cui si sono dotate universita' e enti di ricerca italiani. Dall'altra parte, questo modello e' anche chiaro a coloro che si occupano nelle imprese di individuare nuove tecnologie e ritrovati scientifici da industrializzare.
E' questo l'approccio migliore per fare innovazione o si puo' migliorare?

L'imprenditore (parlo dell'imprenditore-inventore, quello che crea imprese tecnologiche innovative, non di coloro che rivendono prodotti di terzi o fabbricano prodotti a bassa innovazione), sa bene che il punto di partenza non e' la tecnologia ma piuttosto un bisogno/problema non risolto che hanno in molti o che si piu' risolvere in modo nuovo, piu' economico o piu' performante, spesso usando le tecnologie. E' cosí che sono nate alcune delle imprese di maggior successo. E poiche' un problema e' tanto piu' grande quante piu' persone potrebbero beneficiare dalla sua soluzione, i grandi problemi rappresentano anche grandi opportunita' di mercato e la loro soluzione e' vantaggio competitivo per l'impresa verso la concorrenza.

Riflettendo queste considerazione sul mondo della ricerca si comprende che se si partisse dall'industria, invece che dalla ricerca stessa, nell'evidenziare i temi di ricerca i risultati sarebbero migliori per l'industria e il trasferimento tecnologico avverrebbe in minor tempo. In altre parole, se fosse l'industria a suggerire le tematiche di ricerca, non solo queste rifletterebbero la conoscenza dello stato dell'arte del ricercatore ma anche la comprensione del mercato che l'impresa ha.

Il World Technology Summit dell'IEEE (https://wts.ieee.org) si basa su questo modello. E' la prima conferenza (anche se questo termine le sta stretto) in cui le tematiche da trattare sono suggerite da alcune delle piu' grandi imprese del mondo come Google, Intel, Microsoft, Samsung, e molte altre. I ricercatori sono invitati a partecipare esponendo le loro soluzioni e la loro ricerca a problemi gia' individuati e quindi con un potenziale alto impatto imprenditoriale.

La prima edizione del World Technology Summit (WTS) si terra' a San Jose (California) nel cuore della Silicon Valley a Novembre 2024. Aziende e ricercatori si uniranno per risolvere le sfide tecniche legate alla creazione di prodotti e servizi competitivi, con focus sull'inteligenza artificiale, le sue applicazioni dalla medicina all'intrattenimento e al cibo, e a tutto cio' che e' di corollario per l'implementazione su larga scala come i sistemi di produzione dell'energia o di raffreddamento per i data-center.

Lo sponsor principale del WTS è l'Industry Engagement Committee dell'IEEE, che ha lanciato questa iniziativa in modo che l'industria potesse descrivere le complesse questioni tecnologiche coinvolte nella creazione di prodotti e coinvolgere i ricercatori nella ricerca di soluzioni innovative.

I partecipanti attesi, oltre agli ingegneri interessati alla pianificazione dei prodotti del futuro e coloro che lavorano nel settore del trasferimento tecnologico accademico, sono i membri delle comunità di sviluppo prodotto, marketing e supporto, rendendo l'WTS fucina delle innovazioni del prossimo futuro e luogo di dialogo tra le diverse professionalita' dell'innovazione.

Bruno Iafelice, PhD
IEEE senior member e WTS committee member

Le Comunità Energetiche Rinnovabili sono la svolta per l'energia in Italia?

Entra in vigore a gennaio 2024 il decreto del Ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica che, nel perseguire gli obiettivi di decarbonizzazione 2030, promuove la nascita delle Comunità energetiche rinnovabili e dell’autoconsumo diffuso in Italia.



Cosa sono le Comunità energetiche rinnovabili (C.E.R.)

Le “Comunità energetiche rinnovabili” (c.d. C.E.R.) sono aggregazioni di soggetti (come ad esempio persone fisiche, PMI, associazioni con personalità giuridica di diritto privato, enti territoriali e autorità locali, ivi incluse le amministrazioni comunali, gli enti di ricerca e formazione, gli enti religiosi, quelli del terzo settore e di protezione ambientale nonché le amministrazioni locali) che scelgono di unirsi per l’autoproduzione e l’autoconsumo di energia elettrica da fonti rinnovabili. È bene precisare che la “comunità” è un soggetto di diritto autonomo rispetto ai singoli “associati”.

Quali obiettivi perseguono le C.E.R.

L'obiettivo principale della C.E.R. è quello di fornire benefici ambientali, economici o sociali -a livello di comunità ai suoi soci o membri o alle aree locali in cui opera la comunità- e non quello di realizzare profitti finanziari. Per quanto riguarda le imprese, la partecipazione alla comunità di energia rinnovabile non può costituire l'attività commerciale e industriale principale.

Quali agevolazioni per lo sviluppo delle C.E.R.

Sono previste due forme di agevolazioni per lo sviluppo delle C.E.R:
a) un contributo a fondo perduto fino al 40% dei costi ammissibili, finanziato dal PNRR (fondi disponibili per 2,2 miliardi di euro) e rivolto alle comunità i cui impianti sono realizzati nei comuni sotto i cinquemila abitanti, che supporterà lo sviluppo di due gigawatt complessivi fino al 30 giugno 2026; tale contributo è cumulabile con l’agevolazione della tariffa incentivante (vedasi punto b).
b) tariffa incentivante sull’energia rinnovabile prodotta e condivisa per tutto il territorio nazionale (quindi dal piccolo comune alla città metropolitana) con potenza massima agevolabile di 5 GW entro il 31 dicembre 2027.

Le regole operative

Come previsto dal decreto, entro i successivi trenta giorni saranno approvate dal Ministero, previa verifica da parte dell’ARERA e su proposta del Gestore dei Servizi Energetici (GSE), le regole operative che dovranno disciplinare le modalità e le tempistiche di riconoscimento degli incentivi.
Il GSE, soggetto gestore della misura, metterà in esercizio i portali attraverso i quali sarà possibile presentare le richieste, entro 45 giorni dall’approvazione delle regole.

Verifica preliminare di ammissibilità

È possibile richiedere al GSE una verifica preliminare di ammissibilità dei progetti alle disposizioni del decreto. Documenti e guide informative.
Oltre alla documentazione già presente sul sito www.mase.gov.it, il GSE, inoltre, renderà disponibili sul proprio sito istituzionale (www.gse.it) documenti e guide informative, oltre a canali di supporto dedicati, per accompagnare gli utenti nella costituzione delle CER e, in raccordo con il Ministero per l'ambiente e la Sicurezza Energetica, lancerà una campagna informativa per rendere consapevoli i consumatori dei benefici legati al nuovo meccanismo.

Conclusioni

Il Ministero per l'ambiente e la Sicurezza Energetica e i tecnici del settore vedono nelle C.E.R. una concreta possibilità di svolta per lo sviluppo delle “rinnovabili” in Italia, con conseguenti nuove opportunità per i territori e gli operatori. L’attività di monitoraggio, con cadenza semestrale, demandata dal decreto al GSE, rivelerà gli effetti derivanti dall’attuazione del provvedimento.


Joseph Lerose

avvocato del Foro di Bologna

Ph.credit: Unsplash.

La Contea di Santa Clara e TVLP Institute promuovono borse di studio per giovani imprenditori di Firenze

In scadenza: candidarsi per un programma di immersione in Silicon Valley



Un ponte tra la culla del Rinascimento e il cuore dell'innovazione tecnologica per sostenere i giovani che vogliono trasformare un talento in un'impresa, un'idea innovativa in un progetto imprenditoriale di successo, seguendo le orme degli imprenditori seriali e dei venture capitalist della Silicon Valley.

Anche per quest'anno la Contea di Santa Clara, gemellata con la Città Metropolitana di Firenze, e il TVLP Institute di Menlo Park mettono a disposizione delle borse di studio per partecipare a un programma immersivo in imprenditorialità e tecnologie emergenti che si svolgerà questa estate in Silicon Valley.

Il bando della Contea di Santa Clara prevede l'assegnazione di borse di studio riservate a candidati che abbiano compiuto 21 anni, che da almeno 6 mesi siano residenti nella città metropolitana di Firenze o iscritti ad una università locale, che dimostrino la volontà di partecipare a un programma immersivo di formazione imprenditoriale nella patria dell'imprenditorialità, dove neolaureati hanno mosso i primi passi dentro le mura di un garage prima di dare vita a nuove avventure imprenditoriali e dove hanno sede tra le più note multinazionali del settore tecnologico, come Google, eBay, Amazon, Apple e tante altre.

Ai candidati che otterranno il finanziamento dalla Contea di Santa Clara, TVLP Institute offrirà a sua volta un'ulteriore borsa di studio per un totale di 2.000 dollari. Ma non solo, ad accogliere gli aspiranti imprenditori ci sarà sopratutto anche la comunità della Contea di Santa Clara che annovera imprenditori e investitori di fama mondiale, molti di loro legati per cultura, passione o interessi con la città di Firenze.

La contea di Santa Clara è l’epicentro della Silicon Valley con iconiche città quali Cupertino, Mountain View, Sunnyvale, San Jose e tante altre, ospita aziende high-tech (Google, Apple, Amazon, Intel, Invidia, HP, Intuit, etc.), imprenditori e investitori di successo.

I candidati ideali sono giovani innovatori che vogliono trasformare una idea basata sulle tecnologie in una nuova impresa, ricercatori universitari che vogliono create una startup, e giovani imprenditori. Maggiori informazioni e le istruzioni per partecipare sono in questa pagina https://tvlp.co/florentine

Se coordini un centro per il trasferimento tecnologico, un incubatore, o un gruppo di investimento nella Città Metropolitana di Firenze puoi chiedere di collaborare scrivendo a florentine@tvlp.co

Fare business in Cina nel dopo-Covid, l’arte di saper comunicare

Come fare business in Cina? 10 suggerimenti, da come stare a tavola a come negoziare per navigare nel mondo degli affari ed evitare fraintendimenti culturali.



Passata l'emergenza covid-19 imprese e imprenditori fanno il conto con un mercato globale diverso e con nuovi, e rafforzati, attori internazionali. Centrale, sempre di più, il ruolo della Cina. Tra i principali fornitori mondiali durante la pandemia, il gigante asiatico offre oggi nuove enormi opportunità se si hanno know-how, capacità di innovazione e disponibilità per gli investimenti necessari. La difficoltà negli spostamenti per lavoro e il relativo aumento dei costi, rende necessario trovare un metodo efficace per comunicare.

Ma come fare business in Cina? Ho trascorso viversi anni in oriente. Sono arrivato a Pechino per un master all’Università e sono rimasto a Shangai per 7 anni lavorando per un’azienda di automotive e poi aprendo una società di consulenza in materia di qualità. Quello che ho imparato lo posso condensare in quella che chiamo "Chinese art of the deal" - come fare affari in Cina.

1) I capi non discuto o negoziano i problemi. È il suggerimento più importante, da non scordare mai. Al capo devi solo parlare di cose positive, non entrare nel dettaglio delle problematiche. Non è una negoziazione diretta come spesso avviene negli USA e in altre parti del mondo. Con il capo devi stabilire un buon rapporto. I dettagli e le negoziazioni avvengono tra i secondi in grado di ambo le parti. Non si parla dei problemi col capo, ma col secondo che li riferisce, registra la risposta e la riporta all'interlocutore. Mai iniziare una discussione con il capo, specialmente di fronte a terzi. Mai dargli torto davanti ai subalterni, se succedesse perderebbe la faccia. Non accetterebbe mai un affare con qualcuno che l’ha offeso pubblicamente, per paura che i dipendenti lo considerino debole.

2) Nella cultura cinese non esiste la parola “NO”. Quindi non vi diranno mai un no diretto e non ne accetteranno uno da parte vostra. Tutto è possibile. Ci sono due sole risposte possibili da parte dei cinesi, o sì o il silenzio.

3) Il silenzio e la pazienza sono le armi più importanti. I Cinesi sanno che gli occidentali sono impazienti e, non rispondendo, la controparte sarà tentata di abbassare le richieste.

4) Bisogna creare una sana competizione. Occorre cercare partner alternativi e con molta delicatezza fai capire che ci sono diversi competitor che vogliono fare affari con te. Il messaggio che deve passare è "mi piacerebbe fare affari con te, perché ti rispetto, ma ci sono altre offerte".

5) Il concetto di "perdere la faccia" è riferito alla reputazione. Per ogni azione devi chiederti: questo farebbe migliorare o peggiorare l’immagine del “capo” di fronte la sua cerchia di amici e collaboratori?

6) Più dimostri di essere di successo più vorranno collaborare con te. Scordatevi la modestia. È meglio parlare in grande, ma con grazia e in modo indiretto (magari ad un secondo del capo).

7) La scala dei valori. Quello che è qualcosa di grande in occidente in Cina è da moltiplicare per 1000. Non sono interessati ad affari piccoli, ma a grandi, infinite, opportunità.

8) Il gioco d’azzardo. Gli imprenditori cinesi amano il rischio e ne sono dipendenti. Se riuscite a fare leva su questo aspetto le possibilità che avete sono più alte. Cercano costantemente nuove possibilità e nuovi business in cui investire, anche molto distanti da quelli di cui si occupano.

9) Saper stare a tavola è importante. Non si soffia mai il naso a tavola, mai. Rifiutare un brindisi quando te lo chiede qualcuno è un segno di maleducazione. L’atteggiamento nei confronti dell’alcol è di tipo asiatico: anche nei pranzi di affari è accettabile bere molto. Chi non beve è considerato qualcuno che ha qualcosa da nascondere. Un detto famoso è che a tavola, anche l’impossibile diventa possibile.

10) Non esiste distinzione tra amicizia e lavoro. Un rapporto ha entrambe le componenti. Gli affari si fanno con gli amici e ogni amico è una possibilità di fare affari.

Una cosa da tenere in considerazione è se hanno studiato o lavorato all’estero. Questo stempererà molto le caratteristiche di cui sopra. Ovviamente questi sono i tratti generici. Prestate attenzione a queste cose, ma non consideratele verità assolute. La Cina è un paese vasto e molto diversificato. Ogni posto riflette mentalità e modi di fare specifici. L’unica cosa che reputo accomuni tutti, è la passione per gli affari. Lo considerano più che un modo per arricchirsi. Per loro è una ragione di vita, a cui dedicano impegno e studio.


Luca Spaggiari


Luca Spaggiari è un imprenditore ed esperto di trasferimento tecnologico. Alumno TVLP.
Ph.credit: Unsplash.

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Quiet Quitting? Fai crescere le tue competenze trasferibili

Non si tratta di dipendenti sfaticati. Piuttosto è l'invito alla rivisitazione dei modelli lavorativi che ogni datore di lavoro dovrebbe ascoltare.



"Quiet Quitting" in italiano suona "abbandono silenzioso", è il fenomeno del mondo del lavoro che fa seguito alla "Great Resignation" (la tendenza di molti lavoratori, soprattutto altamente qualificati, a licenziarsi nei primi mesi del 2022, non riconoscendosi più nel modo di lavorare tradizionale che, passata la pandemia da covid-19, il mondo del lavoro si preparava lentamente ad abbracciare di nuovo). 

Quiet Quitting in pochi giorni è diventato uno dei termini più usati sui social media negli Stati Uniti e non solo. E' il fenomeno in cui i dipendenti - soprattutto quelli della generazione Z - raggiungono gli obiettivi lavorativi ma al tempo stesso vogliono dedicarsi agli amici e alla famiglia. L'ossessione per il lavoro e la carriera della mentalità “hustle”, ossia la cultura americana che insegna che bisogna ambire a sempre di più, è quindi sostituita dalla ricerca di un lavoro "smart", cioè organizzato per consentire un buon bilanciamento tra vita lavorativa e personale, e con spazio per le proprie passioni.

Se ti riconosci in questa descrizione e stai considerando di cambiare lavoro, ci sono alcuni elementi che dovresti tenere a mente. Prima di tutto, ricordati che esperienza e competenze trasferibili sono fondamentali. Secondo McKinsey da loro dipende il 40-60% di ciò che si guadagna in una intera vita lavorativa. Le competenze trasferibili sono quelle abilità che possono essere utilizzate in diversi ruoli e lavori. Ad esempio, pensare in maniera innovativa, adattarsi velocemente a luoghi e contesti nuovi, saper lavorare in gruppo, avere attenzione ai dettagli, conoscere tecnologie emergenti, ragionare in maniera flessibile come all'interno di una startup, e altre. 

Quelle elencate sono tutte abilità che fanno parte della cultura imprenditoriale nel modello Silicon Valley, e sono alcune delle competenze insegnate nei programmi del TVLP Institute, virtuali/online e di persona, che recentemente hanno visto un crescente interesse da parte di dipendenti, e non solo da imprenditori o aspiranti tali.

Elevare le competenze professionali è uno dei primi passi per chi abbraccia il concetto di Quiet Quitting. Questi lavoratori sono più propensi di altri a mettersi alla prova. Una ricerca pubblicata sulla rivista IEEE Transactions on Engineering Management riporta che imparare dall'esperienza personale e professionale di imprenditori e investitori di successo è fondamentale. Si tratta di un condensato multi-culturale, multi-funzionale e multi-settoriale che solo coloro che hanno trasformato alcune startup della Baia di San Francisco in aziende iconiche possono condividerlo.

Diverse aziende stanno ancora assumendo e in media due dipendenti su cinque valutano di lasciare il lavoro. Ciò crea una serie di spostamenti e potrebbe aprire opportunità lavorative altrimenti non disponibili. Se quindi stai pensando di cambiare lavoro (non di fare "quiet quitting"), forse è il momento giusto.

Se sei un datore di lavoro, ti trovi dall'altra parte del tavolo, e dovresti considerare alcune cose.

La flessibilità è fondamentale. La Generazione Z vuole modelli lavorativi ibridi (in presenza e in remoto) o completamente in remoto - ha detto Jingfang Cai, vice presidente dello sviluppo risorse umane per LinkedIn, in una recente intervista al Washington Post. I datori di lavoro dovrebbero quindi offrire opzioni flessibili che consentano ai dipendenti di scegliere.

Essere riconosciuti per i loro sforzi è un altro punto chiave per questi dipendenti. Secondo McKinsey, il rapporto con il diretto superiore è uno dei principali fattori di insoddisfazione sul lavoro. La trasparenza è altrettanto importante. La Generazione Z vuole sapere cosa è importante per i loro datori di lavoro, in base a quale criterio si definiscono le priorità, e come sono allocati gli investimenti economici.

Le imprese dovrebbero riconsiderare l'organizzazione della forza lavoro, preferendo una struttura orizzontale con team più piccoli organizzati ognuno come una startup. Dare priorità all'apprendimento è cruciale. La Generazione Z vuole crescere e imparare, afferma Jingfang Cai. Le aziende dovrebbero offrire ai dipendenti opportunità di formazione, crescita professionale e tutoraggio per migliorare continuando ad imparare, e spazio per sviluppare le proprie idee. Potrebbero imparare dalle startup di successo, i cui leader puntano al risultato, piuttosto che a tenere i dipendenti semplicemente impegnati.

Bruno Iafelice


Se sei un professionista nel settore risorse umane e vuoi sapere di più su opportunità di training in imprenditorialità, innovazione, e Silicon Valley Mindset per i tuoi dipendenti, contatta il team di esperti del TVLP Institute scrivendo a corporate@tvlp.co

Ph. credit: Unsplash

Non sprecare il tempo degli altri. Le regole della Silicon Valley

Saper comunicare è una delle principali competenze trasferibili. Ma quanti si rendono conto che il tempo è alla base di ogni comunicazione ben fatta e una risorsa limitata? 



C’è una pubblicazione che cambiò notevolmente il mio modo di pensare. La copertina raffigurava una banconota da cento dollari mentre si bruciava. Il titolo era “Naïve Networking. Don’t waste someone else’s money” (Non sprecare i soldi di qualcun altro). Sebbene il titolo, il documento non parlava di soldi, non direttamente, ma di tempo. In 5 pagine riassumeva come si dovrebbe comunicare, dando la giusta importanza al tempo degli altri e a quello proprio. 

Le regole proposte erano semplici e pensate soprattutto per un imprenditore che si rapporta a un potenziale investitore, poiché, si sa, gli investitori hanno sempre poco tempo ed è difficile catturare la loro attenzione. Tuttavia, si possano applicare con successo in un qualsiasi rapporto professionale e, con i giusti adattamenti, anche nel contesto privato. Di cosa si tratta?

La regola principale è: prima di chiedere qualcosa, mettiti “nei panni” di chi ti sta di fronte e considera il tempo che servirà a questa persona per rispondere alla tua richiesta. Dopo di che valuta se e come procede. Ad esempio, scrivere una lunga email, non solo richiede molto del tuo tempo, ma obbliga chi la riceverà a dedicarne altrettanto alla sua lettura.

Anche la scelta del mezzo di comunicazione è importante. Quando fai una telefonata, c’è una persona all’altro capo dell’apparecchio che, per rispondere, dovrà interrompere quello che sta facendo. Se chiedi un incontro chi ti riceve dovrà riordinare la scrivania oppure prendere l’auto, fare un tratto di strada, parcheggiare, raggiungere il luogo designato e, alla fine dell’incontro, tornare dove era prima. 

Tutto questo riguarda noi e il nostro tempo, ma soprattutto quello degli altri. Quindi, non mandare una email se l’informazione che cerchi puoi trovarla in internet; non fare una telefonata se quello che vuoi dire può essere scritto in una email; non chiedere un incontro se si può risolvere con una telefonata: “Make it easy”.

Altra regola è: essere specifici. Recentemente una persona che vive a 100 chilometri da dove sono io mi ha scritto chiedendo un incontro. Per parlare di cosa? Non lo ha detto. Alla fine, dopo un po’ di insistenza e alcune email, abbiamo risolto con una video-chiamata, guadagnando entrambi tempo. Provate a fare la stessa richiesta a un investitore della Silicon Valley. La probabilità che vi risponda a una generica email è bassissima. 

Bisogna essere specifici sin dal primo approccio e chiarire l’argomento che si vuole trattare. Il nostro interlocutore deve capire che rispondere a una “piccola” domanda o dedicare qualche “minuto” di attenzione possa essere una cosa “importante” per noi e avere un “forte” impatto sul nostro lavoro o sulla nostra vita. Dire a qualcuno “Mi dici quando sei in ufficio poiché voglio incontrarti?”, non è altrettanto incoraggiante come “Avrei bisogno di incontrarti per 15 minuti per avere il tuo parere su un progetto sul quale sto lavorando da 6 mesi e che sto mostrando solo a poche persone che stimo”.

E’ importante essere preparati. Gli americani dicono “do your homework, first”, cioè studia, documentati, prima di chiedere. Farai così la figura di una persona preparata, evitando di fare domande stupide, e di sprecare il tempo di chi ti sta davanti. 

Altra regola: la durata dell’incontro. In Silicon Valley si dice sempre e solo, a che ora inizia l’incontro, la telefonata o la video chiamata. Sono veramente rare le occasioni in cui si stabilisce anche un orario di fine. Questo non significa che si continua a braccio, ma che tutti sanno che gli incontri durano massimo un’ora. Si inizia puntuali al primo minuto e al 50esimo ci si prepara a concludere. Va da sé che ogni minuto dell’incontro è prezioso e non può essere sprecato. E’ quindi utile anticipare al nostro interlocutore il testo su cui vogliamo discutere, una lista di domande o dei punti da trattare. Permetteremo così all’altra persona di fare le sue valutazioni, documentarsi e arrivare preparato all’incontro, che sarà quindi dedicato solo agli aspetti fondamentali. 

Se hai letto fino a questo momento, è probabile che tu stia pensando che queste regole forse sono utili ma, a volte, strette, oppure che preferisci il contatto umano a una fredda email. E’ vero, i rapporti interpersonali sono importanti e nulla può sostituire l’intesa che nasce durante un incontro, magari davanti ad un calice di vino, o ciò che si può trasmettere con un sorriso. Ma queste regole restano un potente strumento per comunicare. Permettono di scrivere a un imprenditore negli Stati Uniti, e in diverse altre parti del mondo, e ricevere una risposta in poco tempo, anche in qualche minuto. Semplificano la nostra vita e quella di chi lavora con noi. Aumentano esponenzialmente la nostra capacità lavorativa.

Se impariamo a essere sintetici, concreti, a metterci nei panni degli altri, allora possiamo emergere tra tante persone per ritagliarci un po’ del tempo di chiunque, anche dei più impegnati o apparentemente irraggiungibili. Non credo, infatti, che esistano persone completamente impegnate o, se esistono, sono poche e occupano posizioni apicali. Penso piuttosto che molti non sappiano gestire il proprio tempo, o che amino far finta di averne poco. Non dobbiamo quindi vergognarci di scrivere poche parole, di limitare i convenevoli e i saluti per arrivare “dritti al dunque”. E se siamo noi a essere interrogati, dobbiamo sempre e comunque dare una risposta, anche solo un “no”. 

E’ importante chiederci sempre, se stiamo utilizzando bene il nostro tempo e rispettando quello degli altri. Solo così non sprecheremo la più grande risorsa che abbiamo

Bruno Iafelice

(Articolo pubblicato per la prima volta sulla rivista resto Al Sud nel 2015 e ora aggiornato dall’autore.)

Master in Silicon Valley USA, ora anche ONLINE

Saper trasformare una idea in un nuovo prodotto è necessario per navigare opportunità e cambiamenti introdotti dal Covid-19. Una nuova serie di master part-time è online dalla Silicon Valley.


Il mondo è già cambiato e non sarà mai più lo stesso. Secondo un recente studio di McKinsey il COVID-19 ha spinto una importante fascia delle popolazione verso gli acquisti online e l'uso di strumenti digitali. Ma non solo. Secondo gli analisti superata una difficoltà iniziale il consumatore ha non solo apprezzato la facilità e immediatezza dell'acquisto virtuale ma ha continuato a preferirlo anche quando le opportunità di fare acquisti di persona sono tornate. Insomma il mondo del lavoro e degli affari ha visto nell'ultimo anno una serie di cambiamenti epocali che non torneranno più indietro. Secondo il Sole24Ore quella del Covid-19 è l'ultima chiamata per la digitalizzazione italiana.

Le analisi simili a quelle citate sono numerose. Rappresentano un monito per imprese e professionisti a innovare l'offerta di prodotti e servizi, decodificando le nuove esigenze dei consumatori. Ma non solo. Suggeriscono una revisione dell'intero mondo del lavoro - in qualsiasi industria - con nuovi paradigmi e nuove figure professionali. Quest'aria di cambiamento è quella che si sente in Silicon Valley dove da circa un anno tra le startup di San Francisco e gli investitori della Sand Hill road a Menlo Park si discute, pragmaticamente, non più dei danni causati dal corona virus ma piuttosto di opportunità. La pandemia, che ha colpito a livello mondiale, ha creato uno spazio di innovazione altrettanto enorme.

La cultura imprenditoriale è alla base di questo cambiamento. E' quell'insieme di strumenti e conoscenze con le quali decodificare le esigenze dei consumatori e disegnare i nuovi prodotti per la rivoluzione economica alle porte. 
I docenti del TVLP Institute hanno raccolto gli insegnamenti ispirati al successo delle aziende tecnologiche della baia di San Francisco che più di tutte hanno beneficiato dall'accelerazione del digitale durante le prime fasi della pandemia. Il risultato è una nuova serie di programmi e master formativi che a partire da settembre saranno offerti online in forma part-time ogni sabato per circa 10 settimane. La nuova struttura online dei master permetterà l'accesso anche a coloro che non possono viaggiare, senza interferire con gli impegni familiari o lavorativi.

I percorsi offerti sono tre con, al termine, il Certificate in Technology Entrepreneurship:
  • DESIGN & LAUNCH A NEW VENTURE
  • RAISE CAPITAL & GROWTH
  • LEADERSHIP & TEAM CREATION
Le tematiche scelte, da come identificare opportunità di nuovi prodotti alla leadership e storytelling, costituiscono un insieme di competenze necessarie a tutti coloro che intendono crescere professionalmente (e non solo sopravvivere) nel nuovo 'normale' post pandemia. 

L'epidemia ha cristallizzato nella mente di imprenditori e direttori di azienda la necessità di accelerare la digitalizzazione. Tuttavia quella che può sembrare una semplice corsa ad adottare nuove tecnologie, ad esempio per accettare pagamenti elettronici o far lavorare i dipendenti da casa, è invece una rivoluzione metodologica e culturale alla quale molte imprese non sono preparate. Si tratta di acquisire una cultura del lavoro in cui flessibilità, motivazione e fiducia devono essere le parole chiavi. La tecnologie diviene uno strumento, necessario, ma non sufficiente. Da sola non è la soluzione.  
Sono queste alcune delle tematiche dei nuovi master online del TVLP Institute destinati a creare una nuova classe di imprenditori e di manager.

I dettagli e le domande di partecipazione ("application") ai master sono online e scadono in pochi giorni. Chi ha già le idee chiare può candidarsi qui.

In bocca al lupo!

Mindset Toolkit: 12 regole per trasformare noi stessi in un buon leader

Cambia il mondo cambiando te stesso. Quali sono gli strumenti cruciali per essere un buon leader nella vita personale e nel lavoro?



Cambiare il mondo non è facile, gli imprenditori lo sanno. Un ottimo punto di partenza è acquisire nuove competenze per interagire meglio con gli altri ed essere un buon leader. Ci sono 12 insegnamenti che mi hanno aiutato a trasformare i Sentimenti, le Azioni, la Comunicazione e il Pensiero (F.A.C.T. in inglese - Feelings, Actions, Communication, Thinking in me stesso, i miei colleghi e le migliaia di persone che hanno partecipato a ciò che ora chiamo i miei "super seminari" (workshop sembrava una parola troppo scontata).

1. La percezione NON è la realtà

Come molti, sono cresciuta pensando che la visione del mondo che i miei sensi mi trasmettono sia la "realtà". A poco a poco, attraverso l'educazione e l'esperienza, ho capito che non è proprio così. Quando studiavo fisica al Case Institute of Technology (università americana, ndr) ho imparato quanto sia diversa la realtà del nostro universo dalla mia percezione di esso. Oggetti solidi? Ci sono soprattutto spazi vuoti. Luce visibile? Questa è solo una minima parte dello spettro elettromagnetico, quella che i miei occhi possono rilevare. Da allora ho trovato molti esempi di quanto facilmente la nostra percezione della realtà sia distorta dal modo in cui funziona il nostro cervello. Le illusioni ottiche sono una potente dimostrazione di questa considerazione. Ho imparato che ci sono situazioni anche nel quotidiano in cui non riesco a vedere, ascoltare, o valutare con precisione. Ho quindi sviluppato un sano scetticismo verso tutto ciò che il mio cervello mi dice "essere realtà". Ho imparato ad essere più umile verso tutto ciò che ritengo essere "vero" e approcciarmi sempre con una mente più aperta. Con tanta flessibilità!

2. Il complesso NON è complicato

Sebbene gli uccelli volano in stormi, abbastanza vicini tra loro, in qualche modo riescono a eseguire il loro balletto aereo senza collisioni a mezz'aria. Questo è solo uno di tanti fenomeni facilmente osservabili che sembrano complicati, ma sono semplicemente complessi. La teoria della complessità ha dimostrato che principi relativamente semplici possono essere alla base di situazioni apparentemente complicate. Sapere questo mi ha ispirato a cercare principi e schemi organizzativi in tempi tumultuosi. Anche se non riesco a percepire i modelli sottostanti, non trovo più intimidatorio affrontare una situazione che sembra complicata perché so che esiste una possibilità che si trovi un semplice ordine.


3. NON ESISTE UN LIMITE - Tranne nella nostra mente

I maggiori ostacoli che ho incontrato nella mia vita sono stati autoimposti. I cervelli umani adulti sembrano prontamente abbracciare il pensiero negativo e superare questa tendenza richiede consapevolezza e disciplina. Le possibilità si moltiplicano quando smetto di pensare agli ostacoli e comincio a chiedermi "Cosa è possibile?", "Cosa sembra impossibile?" e "Cosa renderebbe impossibile?" Ipotesi e credenze autolimitanti uccidono molte idee prima ancora che vengano espresse [sopratutto in culture poco propense al rischio e paurose dei fallimenti, ndr]. La logica e la ragione ci mancano perché non possiamo percepire la realtà o l'intero insieme di possibilità. Serendipità e balzi intuitivi sono l'approccio giusto per scoprire nuove possibilità. Devo opporsi e sostituirsi a voler "sapere esattamente cosa succederà prima di iniziare" che induce ansia e spaventa facendo abortire ogni avventura anche prima che inizi! [Il limite è il 'box', la scatola, ndr]

4. Sostituisci il giudizio con la curiosità

Ricordo bene il giorno nell'agosto 1995 quando ho scoperto che cervello è una macchina per votare, giudicando costantemente se qualcosa è buono o cattivo, giusto o sbagliato, se ci piace o no, se siamo d'accordo o in disaccordo con un particolare punto di vista. Questo modo di pensare polarizzato non lascia spazio a sfumature nel nostro pensiero. A poco a poco invece ho imparato ad apprezzare le "sfumature di grigio" e il valore di essere curiosa di sapere punti di vista diversi e l'opinione degli altri. Non penso più che il mio modo di ottenere risultati sia l'unico modo, piuttosto - nel mio lavoro di formatore e consulente - cerco di aiutare le persone a scoprire ciò che è possibile invece di guidarli in una direzione in cui penso debbano andare.


5. La Collaborazione vince sulla Competizione

Non ho mai praticato sport agonistici e sin dalla tenera età ho avuto un'avversione nei confronti di giochi che avevano vincitori e perdenti, soprattutto se ero io la perdente. Anche se i miei voti scolastici erano eccellenti, ho evitato sempre di confrontarli con quelli degli altri. Mia madre mi ha sempre detto "Ci sarà sempre qualcuno migliore di te e qualcuno peggiore di te". La collaborazione, d'altro canto, mi ha sempre incuriosita. A 10 anni ho radunato i bambini del quartiere per costruire delle tende e campeggiare nei boschi vicino a casa; insieme abbiamo fatto dei viaggi in bicicletta che i nostri genitori non ci avrebbero mai fatto fare da soli. Da adulta, nel corso della mia carriera professionale [tra startup e aziende tecnologiche della Silicon Valley, ndr] ho scoperto che "allargare la torta" è più redditizio che discutere su chi ottiene la quota maggiore di poche briciole.

6. Diverso ≠ Carente

Per tutta la vita ho rappresentato il "diverso". Quando ho lavorato alla HP come ingegnere uno dei miei amici mi ha dato un libro intitolato "Un pavone nella terra dei pinguini". Leggerlo mi ha aiutato a capire perché mi sentissi così fuori posto. La ricerca ha dimostrato che i team diversificati hanno un vantaggio rispetto a quelli monolitici. Le organizzazioni imprenditoriali più sono diversificate maggiori sono i risultati commerciali che producono. Sicuramente è difficile affrontare le differenze - culturali o linguistiche - ma i vantaggi sono innegabili. Immagina una squadra di baseball con 9 fantastici catcher [il giocatore che raccoglie la palla, ndr] e nessun buon battitore: non potrebbero vincere, ovvio! A parte i più comuni tipi di diversità come il genere e l'etnia, ho trovato differenze nel modo di pensare e nello stile di lavoro ancora più difficili da gestire - ed estremamente preziose nel creare un team vincente.

7. Impossibile è semplicemente difficile

Ci sono dozzine di famosi esempi di eventi quotidiani che sono stati etichettati come "impossibili" da alcuni ad un certo punto della storia. Prima della loro invenzione, gli esperti hanno deriso l'idea di aeroplani, missili, computer domestici e chirurgia cerebrale. Leader conclamati proclamarono che radio, telefoni, TV e automobili non avrebbero mai avuto successo commerciale. Ma la verità è che poiché questi esperti non riuscivano ad immaginare COME rendere queste innovazioni funzionali le l'hanno etichettate come "impossibili". Anche l'essere umano più intelligente non può sapere tutto. E il futuro porta spesso a cambiamenti nelle condizioni a contorno, in circostanze che invalidano le precedenti valutazioni di fattibilità. Ho sviluppato una salutare indifferenza per qualsiasi cosa etichettata come "impossibile". Per me quella parola significa solo che non abbiamo trovato un modo. . . ANCORA!



8. La maggior parte degli errori è evitabile

Sebbene sia attrezzata per le mie competenze nel supportare i miei clienti con strumenti sofisticati di leadership ed efficientamento dei team, i problemi che affrontano raramente richiedono più dei modelli e delle intuizioni di base. La maggior parte dei team continua a fallire per motivi del tutto prevedibili ed evitabili, come l'incapacità di costruire la fiducia reciproca, l'incapacità di comunicare in modo efficace, l'assenza di obiettivi chiari e condivisi, e la mancanza di un accordo su priorità che devono guidare l'assegnazione di tempo, budget e altre risorse limitate. 
Un esempio memorabile di errore evitabile è la storia di una balena monitorata usando un trasmettitore attaccato al suo corpo ma immediatamente scomparsa dopo l'immersione perché il dispositivo non era impermeabile! Buon senso e applicazione delle conoscenze anche più basilari a volte diventa non una pratica comune. Dobbiamo invece imparare a operare in maniera disciplinata e FARE tutto ciò che possiamo per raggiungere un risultato.

9. La creatività è rischiosa e disordinata

Sperimentare! Molte organizzazioni affermano di desiderare prodotti e servizi più innovativi, ma non forniscono un ambiente favorevole alla confusione associata alle attività creative. Il processo creativo non è lineare. Quando si fa innovazione e ricerca, non è detto che spendendo il 50% del budget ci siano altrettanti progressi del 50% verso gli obiettivi preposti. Le prime bozze spesso non soddisfano i requisiti finali. Una persona priva di fantasia potrebbe avere difficoltà a tenere a bada l'ansia mentre la sua squadra si muove imprevedibilmente verso il successo, mentre il coraggiosamente creativo grida "Prototipo pronto, ma non perfetto!". I team in grado di integrare rapidamente i feedback di esperimenti e prototipi possono ottenere risultati migliori di quelli che ossessionano la perfezione nella prima revisione.


10. Fai errori e fallisci

L'assunzione di rischi e la creazione di errori sono una parte necessaria del viaggio verso l'innovazione. Ma di solito pensiamo che gli errori debbano essere evitati e che il fallimento tenda a essere circondato da colpa e vergogna. Piuttosto che preoccuparsi "della colpa", una visione più sana e più energica è quella di considerare gli errori come il modo di fare un passo avanti verso l'obiettivo. In HP Labs, il motto alla guida dei team di innovatori era "Costruisci un mucchio di spazzatura alto!".  In altre parole, fallisci velocemente, fallisci facendo un passo in avanti, fallisci usando quello che impari per migliorare e continuare. Per incoraggiare il processo innovativo voglio che le persone del mio team commettano almeno 3 errori al giorno - errori nuovi ed interessanti, ovviamente, non gli stessi più e più volte. 


11. Il cambiamento è scomodo

Quando qualcosa è nuovo o diverso, può spingerci fuori dalla nostra zona di comfort, innescando sentimenti negativi. Di conseguenza molte persone evitano o resistono attivamente al cambiamento. Charles Darwin ha detto: “Non è la specie più forte che sopravvive, né la più intelligente. È quella che è più adattabile al cambiamento". Molte volte nella mia carriera ho affrontato sfide che sono state travolgenti. In questi momenti sono piena di un misto di curiosità e terrore. Etichettare il mio disagio come indicatore di una sfida entusiasmante, anziché un avvertimento a fuggire, mi ha permesso di sfruttare opportunità che altri avrebbero rifiutato. Quando quella sensazione mi colpisce ho sviluppato l'abitudine di fare un grande sorriso e di gridare “Wooooooohoooooooo! Sono a disagio!". Questo approccio ha fatto miracoli e mi ha portata ad affrontare bene il cambiamento.

12. Puoi guidare da qualsiasi posizione

Come molte persone, una volta credevo che i leader fossero stati trovati in cima a un organigramma. Ma dopo decenni di lavoro con dozzine di organizzazioni, ho visto molte persone occupare la sedia di un leader, ma senza guidare. Di conseguenza, ho imparato che la leadership non è una posizione in un organigramma o un titolo su un biglietto da visita. Un leader è qualcuno che si comporta come un leader, comunica come un leader e pensa/si sente come un leader, indipendentemente dalla posizione che occupa o dal titolo che ha. Questa intuizione comporta una grave responsabilità. Una volta che ci rendiamo conto di avere il potere di fare una differenza positiva, non possiamo più accontentarci di lamentarci semplicemente dell'alta direzione. Nel mio primo lavoro aziendale in HP, fingevo che questa azienda di 100.000 persone fosse la mia e che ciò che facevo contava veramente. Pensare e agire come un proprietario mi ha dato il coraggio di fare e dire ciò che gli altri hanno solo osato pensare. La leadership non è sempre premiata, ma la trovo molto più gratificante che aspettare soluzioni dall'alto mentre mi lamento delle inadeguatezze del team dirigente.

Perché cambiare?

Tolstoj ha detto "Tutti pensano di cambiare il mondo, ma nessuno pensa di cambiare se stesso". Queste 12  considerazioni, 12 strumenti, hanno il potere di trasformare i nostri team cambiando noi stessi per primi. Non devi credermi per forza! Fai una prova, vedi di persona e facci sapere cosa sei riuscito ad ottenere.


Kimberly Wiefling


Kimberly Wiefling è un docente riconosciuto a livello globale e fa parte del gruppo docenti del TVLP Institute dove insegna Leadership. Ha aiutato un gran numero di aziende in Asia, in particolare in Giappone, e in Europa a migliorare le capacità di leadership e gestione del team. Come autore ha pubblicato i 5 libri della serie "Scrappy Guides" in Inglese e tradotti in Giapponese.

Ph.credit: Unsplash.
 Articolo originario in inglese pubblicato su TVLP Tech News.

L'imprenditore deve saper comunicare: le tecniche spiegate dal fondatore di TED

Chris Anderson, il fondatore di TED, spiega in una intervista in Silicon Valley le tecniche principali per comunicare e l'importanza della comunicazione per un imprenditore



Mentre tutto il mondo si è fermato per il coronavirus, Chris Anderson,  ideatore e fondatore del TED, lo scorso Aprile ha ospitato Bill Gates e Susan David, psicologa di Harvard, per parlare in maniera informativa e ottimistica del COVID-19. Ovviamente online.

Anderson è un esperto dell'importanza della comunicazione e di come coniugare in maniera informativa concetti di scienza e tecnologia per un pubblico non prettamente tecnico. Lo abbiamo intervistato a Mountain View in California nel maggio 2016 quando ha fornito una serie di suggerimenti a dieci imprenditori italiani arrivati negli Stati Uniti con un programma internazionale promosso da TVLP Institute e Regione Emilia-Romagna per apprendere il modello della Silicon Valley. Una lezione, quella di Anderson, attuale ora più che mai.

Saper comunicare non è una caratteristica solo del politico o del personaggio pubblico. Anche chi amministra un'azienda deve essere in grado di motivare i propri dipendenti e spingerli a credere nelle proprie idee. A maggior ragione chi deve iniziare un nuovo progetto imprenditoriale, che è chiamato a giocarsi tutto sulla capacità di promuovere se stesso. 

"Un imprenditore non può realizzare la propria visione da solo, ma ha bisogno di altri. Quindi deve coinvolgere altre persone, deve essere bravo a comunicare la propria idea agli altri, in modo chiaro. Questo vale non solo se deve parlare a un gruppo numeroso, ma anche se deve parlare con i propri collaboratori o con gli investitori" dice Anderson durante il nostro incontro.

Secondo Anderson, autore del libro bestseller "Ted Talks. The official Ted guide to public speaking", ci sono delle regole per una buona comunicazione che imprenditori e leader dovrebbero sempre seguire: "Bisogna avere qualcosa di significativo da dire perché non si può parlare se non si sa cosa dire. Se uno ha qualcosa da dire, tutto il resto può essere imparato nel tempo". 

Sempre secondo il fondatore del TED "Il 'public speaking' non può essere qualcosa per te stesso, ma per il tuo pubblico: non si deve vendere qualcosa, ma essere capace di trasmettere qualcosa per suscitare interesse. Un imprenditore deve essere veramente disposto a rimuovere tutte le cose che non sono veramente necessarie per comunicare il proprio messaggio. Bisogna focalizzarsi solo su una cosa e cercare di spiegarla veramente bene".

Intervista completa a Chris Anderson nel video servizio di Askanews.

Anderson porta avanti il TED Prize dal titolo “The Audacious Project”, una iniziativa benefica fondata nel 2018 per sostenere azioni filantropiche, e continua ad essere la mente creativa dietro gli eventi TED che, iniziati a fine anni '80, con oltre 2.600 'talk' sono tra i video più visti al mondo e generano fatturato per oltre 66 milioni di dollari per la non-profit Fondazione TED.


Paolo Tomassone e Bruno Iafelice

L'auto che si guida da sola: la rivoluzione che cambia tutto, anche il lavoro

Le auto a guida automatica sono una realtà a Phoenix in Arizona rompendo barriere sociali e aprendo a nuovi e stili di vita. Una rivoluzione per tutti, in prima fila i 'millennials'.



Il traffico crea il traffico. Non è un gioco di parole. La teoria delle code, inventata nel 1909 dall'ingegnere danese Agner Krarup Erlang, ha trovato la sua massima applicazione nella comunicazione a pacchetto delle reti digitali. Ma non solo. È  alla base dei “Meter”, i semafori che regolano l’accesso alle autostrade americane. Un metodo semplice e geniale: ogni 5-10 secondi un'auto è autorizzata ad entrare nel traffico, riducendo la probabilità che si formino delle congestioni.

L’applicazione di questo principio con le auto a guida autonoma significherebbe 'estremo rigore' e poco traffico. È questo il futuro che ci aspetta e che è dietro l’angolo. Auto che prendono un passeggero, subito dopo aver lasciato quello precedente, e che in maniera ordinata entrano ed escono dal traffico sono già una realtà a Phoenix in Arizona dove da gennaio 2019 attraverso un'app si può avere un passaggio in auto con Waymo One, l'auto a guida automatica della sussidiaria di Google. Una rivoluzione per chi non poteva guidare un'auto e che apre scenari di vita nuovi per tutti. Tempi di percorrenza certi. Niente necessità di trovare parcheggio. Viaggi lunghi, in auto, come già succede in aereo dove un film, un libro o un po’ di riposo permettono di affrontare anche 14 ore di volo.

Un futuro tecnologico in piena crescita. Infatti a Marzo 2020 Waymo per la prima volta ha raccolto fondi fuori di Google: ben 2,25 miliardi di dollari da vari investitori per espandere il servizio in Arizona. Waymo Via è la tecnologia sempre Google per la guida automatica di tir e grandi autoveicoli per il trasporto merci in sperimentazione in alcune aree della California.


Quella della auto a guida autonoma appare come una via già intrapresa dove il successo è solo una questione di tempo. I 'millennials', coloro che sono nati nel primo decennio del 2000, sono meno interessati a guidare e possedere un'auto delle generazioni precedenti. Il consumatore dell'industria automobilistica sta cambiando. Google ha lanciato il suo progetto "Waymo" nel 2009 con la missione di migliorare l'accesso del mondo alla mobilità, salvando migliaia di vite perse a causa di incidenti stradali. Una delle iniziative che Waymo ha creato è "Let's talk Self-Driving", che riunisce un insieme diversificato di comunità, persone e interessi con la convinzione condivisa che questa tecnologia completamente autonoma alimenta un grande potenziale per salvare vite umane, migliorare l'indipendenza e creare nuove opzioni di mobilità.

Le auto oggi passano la maggior parte del tempo ferme. Non è un buon uso. La sharing economy (economia collaborativa) – diventata famosa con Airbnb, Uber, Turo – darà del suo meglio nel settore automobilistico con l’avvento delle tecnologie per la guida autonoma.
Se facciamo una analogia gli smartphone, le auto a guida autonoma potrebbe creare applicazioni oggi inesistenti e non ancora pensare. Infatti come i telefoni iPhone e Android hanno fatto nascere startup e creato professioni nuove intorno al concetto di app e accesso in mobilità alle informazioni, così l'auto autonoma potrebbe essere la piattaforma su cui offrire nuovi servizi di intrattenimento, di mobilità, di logistica e chissà cos'altro.

Affianco ai vantaggi ci sono anche diverse sfide dietro l’angolo. Le prime sono quelle legali. Non tutti gli stati americani la pensano come l'Arizona. La California, dove numerose imprese stanno lavorando in Silicon Valley agli “autonomous driving vehicle”, la DMV – la locale motorizzazione – non consente ancora la presenza su strada di veicoli senza il conducente. I distributori di carburante (tutti senza personale – in self-service, negli USA) dovranno trovare il modo di rifornire i veicoli poiché non ci sarà un conducente che possa estrarre la pistola e fare il pieno. Nuovi posti di lavoro potrebbero nascere e generare una inversione nel modello delle stazioni di benzina.

Uber (recentemente al centro di cause legali avviate dai conducenti – che vogliono esser riconosciuti come lavoratori dipendenti, invece di autonomi) è tra le imprese che maggiormente stanno investendo sui veicoli a guida autonoma preparando un cambiamento senza eguali nel mondo di taxi e auto con conducente. I timori per la contrazione di posti di lavoro si oppongono ai vantaggi sociali creati da queste tecnologie che - ad esempio - consentirebbero a non vedenti e persone anziane di utilizzare autonomamente un'auto.
Imprenditori e imprese dovrebbero immaginare una ricollocazione della forza lavorativa per coprire le nuove necessità di prodotti e servizi aperte da questo mercato. 


L’Europa sarà in prima fila – dicono gli esperti della Silicon Valley – nell’acquisire queste tecnologie per la già ampia diffusione di mezzi di trasporto pubblico su gomma. L’impatto della nuova tecnologia coinvolgerà anche le case automobilistiche (meno veicoli per numero di abitanti e meno persone vorranno possedere un’auto), le assicurazioni (meno incidenti), meno manutenzione e più specializzata (i computer guideranno in maniera più ordinata riducendo logorii del motore e parti meccaniche, quindi la manutenzione sarà inferiore sulle parti in movimento ma più specializzata su sensori, azionamenti robotici, elettronica e software).

La ricerca sull'intelligenza artificiale ha fatto grandi progressi negli ultimi 10 anni. Tuttavia, ci sono ancora diversi problemi che devono essere superati e lavoro da fare in numerosi settori. Alcuni dei limiti sono piuttosto evidenti: la maggior parte di strade al mondo sono ben lontane da quelle dell'Arizona, simili in Italia poco più che solo alle autostrade, e caratterizzate spesso da carenze in segnaletica, manto stradale difforme e conformazione irregolare. C'è bisogno di interventi strutturali insieme a miliardi di ore di guida reale per accumulare dati e "insegnare" all'intelligenza artificiale un buon comportamento di guida in tutte le situazioni. General Motors, Toyota e Honda hanno dichiarato che avrebbero prodotto auto a guida autonoma entro il 2020, e questo era previsto anche da Tesla, ma stiamo ancora aspettando. Evidente che ci sono necessità ancora non risolte, quindi opportunità per imprese e lavoratori che vogliono cimentarsi nel settore.

Si tratta di una quantità enorme di cambiamenti all’orizzonte – si mormora che la tecnologia sarà stabile a breve, nel 2021. E' la rivoluzione di una delle industrie più grandi del mondo. La parola “novità” è spesso intesa come sinonimo di paura, ma non possiamo ignorare l’incredibile numero di opportunità imprenditoriali che si apriranno. A noi la scelta. Lottare contro il cambiamento, o anticiparlo, dominarlo e trarre vantaggio dall’inevitabile.


Bruno Iafelice

Italia, l’innovazione non va in quarantena: l'esempio Emilia Romagna

L’Emilia Romagna è stata una delle regioni italiane più colpite dalla pandemia e un grandissimo numero di aziende è stato costretto a chiudere. Ma il mondo dell’innovazione non è andato in quarantena. 



Quando a inizio febbraio le prime conferenze internazionali hanno traballato, nessun guru dell’innovazione si aspettava che nel giro di un mese tutto il mondo si sarebbe fermato. Nonostante ciò molte attività sono continuate a distanza e l’Italia intera ha subito un’incredibile accelerata verso il mondo digitale

Mentre il termine 'lockdown' si faceva strada nelle conversazioni e tra i giornali, incubatori, acceleratori e startup non si sono fatte prendere dal panico. Piuttosto hanno trasformato le difficoltà in un'opportunità di sperimentazione. 

Nella regione Emilia Romagna le associazioni di categoria hanno stimolato misure a sostegno delle startup e PMI innovative come lo “Startup Emergency Act”, petizione lanciata da VC Hub e supportata da oltre 70 startup di successo e PMI innovative. La campagna “Innovazione chiama Italia” lanciata da Italia Startup con il sostegno di diverse associazioni di settore ha fatto giungere ai tavoli del Governo proposte concrete per il decreto Rilancio.
Sono stati destinati fondi governativi e regionali alle attività di ricerca e innovazione legate alla pandemia. La proliferazione dei bandi di innovazione è stata una chiara testimonianza delle speranze riposte nella tecnologia per trovare soluzioni rapide. Tra questi la selezione di BHeroes - fondo di investimento - per assegnare un investimento seed di 100.000 euro a “un progetto che affronti l’emergenza da nuovo coronavirus portando un beneficio immediato nella vita delle persone”. Marzotto Venture Accelerator e Università Campus Bio-Medico di Roma hanno quasi contemporaneamente lanciato la selezione per “idee, progetti e soluzioni che intervengano nel sistema sanitario, in quello produttivo e nella vita dei cittadini al fine di assicurare la business life continuity”.

Molte iniziative di solidarietà sono emerse affianco a quelle di promozione imprenditoriale. È il caso degli Hackathon virtuali, vere e proprie fucine di idee in cui team di partecipanti guidati da mentor hanno sviluppato soluzioni creative e rapide all’emergenza. Il più rappresentativo è forse HackforItaly, ispirato alla versione estone di Hack The Crisis, in cui hanno aderito e collaborato molti dei principali attori italiani dell’innovazione.

Sul fronte degli eventi  e delle manifestazioni fieristiche - uno dei settori più devastati - le tecnologie digitali hanno avuto un ruolo da protagonista trasferendo online ciò che non poteva più avvenire di persona. È il caso del Web Marketing Festival, che ha organizzato la prima edizione virtuale lo scorso giugno. Incubatori e acceleratori hanno sperimentato l'organizzazione di eventi digitali quali Demo Days e webinar scoprendo che nuovi canali per raggiungere un bacino anche più ampio e diversificato. 

Avendola vissuta da vicino, posso condividere quello che ha fatto Almacube, l'incubatore dell’Università di Bologna e di Confindustria Emilia. Abbiamo digitalizzato per la prima volta tutte le nostre attività dagli incontri di mentoring per le startup ai vari percorsi formativi mettendo in connessione a distanza investitori, imprenditori, ed esperti. Nella versione virtuale, eventi e percorsi solitamente aperti a alcune decine di partecipanti hanno registrato 500 adesioni a distanza. 

Lo StartUp Day Unibo, appuntamento annuale del mondo dell’imprenditorialità giovanile tra i banchi e i laboratori dell'Università di Bologna, si è convertito nel 2020 in una format online con 30 progetti imprenditoriali e oltre 500 studenti. 
Sempre tra le mura virtuali dell'ateneo bolognese è nato il programma Oper.TEN per stimolare la formazione di team multidisciplinari studenti-aziende e alleviare il lockdown con soluzioni creative. All'interno di questo contesto è nato il progetto Digitali e Uguali, insieme al colosso della moda online YOOX, che ha donato computer e tablet a bambini e ragazzi sprovvisti. Un modello di successo che ha richiamato l'attenzione degli atenei europei della rete UNA Europa estendendo l'iniziativa ad altre nazioni.

Tra le iniziative di successo per i piccoli e medi imprenditori della regione emiliano-romagnola il progetto 'Re-Start: ripartire insieme' ha intervistato 193 aziende e definito le migliori opportunità di innovazione per il 'nuovo normale' post-covid.

Il mondo digitale sarà sempre più rilevante nel futuro della società civile. Il coronavirus ha evidenziato la necessità di innovazione in molti settori insieme a opportunità inesplorate per imprese mature e nuove. Come insegna la storia, molti dei grandi colossi statunitensi tra cui Disney, Apple e Aribnb sono nati durante un periodo di crisi. Imprenditori e innovatori dovrebbero predisporsi per cogliere le opportunità e cercare ottimismo anche nella quarantena.


Giacomo Venezia


Giacomo Venezia è Business Developer presso l'incubatore Almacube di Bologna.

Il Silicon Valley mindset spiegato in cinque punti



La Silicon Valley è una delle destinazioni preferite per la creazione di imprese tecnologiche. Apple, Google, HP, Intel, Adobe, Ebay e molti altri colossi della tecnologia hanno qui la propria sede principale e da qui continuano a sviluppare progetti, a investire, ad assumere collaboratori e a conquistare nuove fette di mercato. Ma l'area che va da Palo Alto a San Francisco continua ad attrarre anche aziende di media dimensione di altri settori – dalle biotecnologie ai servizi, dall'alimentare al welfare – che qui sperano e vogliono fare proprio quel mindset unico che ha già contribuito al successo di migliaia di startup.
Non è un caso che ad oggi, 39 aziende incluse nella “Fortune 1000” (la classifica pubblicata da Time sulle più grandi società statunitensi per quantità di fatturato) e migliaia di startup abbiano la propria principale sede operativa in questo distretto, che conta investimenti da parte di venture capitalist pari a un terzo del totale degli investimenti negli Stati Uniti.
La Bay Area diventa quindi un ambiente stimolante per le aziende che vogliono cominciare a “ragionare come startup”. Abbiamo raccolto la testimonianza di alcune delle multinazionali che hanno intrapreso questo percorso incontrandole al campus di Menlo Park del TVLP Institute.

È il caso, per esempio, di LG, pioniere mondiale della tecnologia che dal 2016 ha formato in Silicon Valley 35 top manager delle sue imprese. Chalhoub, uno dei principali attori nel settore del lusso, della moda e della bellezza in Medio Oriente, dal 2017 ad oggi ha organizzato il lavoro dei propri senior leader in gruppi, promuovendo una sorta di competizione interna, con l'obiettivo di far acquisire quel mindset 'flessibile' e 'adattativo' al cambiamento delle startup.
In California si ricevono strumenti unici per trasferire questo speciale mindset e farsi portatori di una nuova cultura imprenditoriale, ognuno nel proprio paese d'origine. Lo ha capito l'associazione italiana dei manager Federmanager che, attraverso la sua Academy, ha investito nella formazione dei propri iscritti, coinvolti in un percorso in Silicon Valley tra cui anche attività online in primavera 2020.

Che cosa rende la Silicon Valley una destinazione preferita dalle startup? 
Grazie all'esperienza nel campo della formazione imprenditoriale, attraverso il contatto con venture capitalist e professori delle più prestigiose università californiane, dopo aver incontrato manager e innovatori da oltre 40 paesi al mondo, abbiamo sintetizzato in questo articolo le ragioni principali che rendono la Silicon Valley una meta a se stante e i motivi per cui risulta vantaggioso per un'azienda avviare la propria attività in un ambiente di questo tipo.
Nel video abbiamo raccolto i consigli di alcuni membri della faculty di TVLP Institute, tra cui Naeem Zafar, imprenditore seriale che ha al suo attivo 6 startups e una IPO, Kimberly Wiefling, esperta e autrice di manuali sulla leadership aziendale, Juan Montermoso, docente di marketing alla Santa Clara University.




Una delle principali “regole” è che il mindset della Silicon Valley non può essere appreso sui libri, ma necessita di un'esperienza diretta – non importa se solo di poche settimane o più mesi – sul posto. Il melting pot culturale portato in quest'area della California da sudamericani, asiatici ed europei ha indubbiamente rappresentato un ingrediente chiave, insieme all’open innovation, alla cultura positiva del fallimento come esperienza educativa e alla forte attrattività per venture capital ed investitori di ogni tipo.
Ma procediamo passo dopo passo.

1. Think different – Pensa in un modo diverso

È stata la filosofia di vita e la fortuna di Steve Jobs: la creatività è la capacità di pensare fuori dagli schemi, di percepire dettagli e particolari che altri non riescono a percepire.
Prima ancora di Apple, l'invito a “pensare in maniera diversa” ha caratterizzato (e caratterizza tuttora) il lavoro di altre imprese americane.
In uno dei primi capannoni di HP – l'azienda che William R. Hewlett e David Packard hanno creato, sviluppando nel 1938 in un garage di 367 Addison Ave a Palo Alto il primo oscillatore audio – erano affisse alcune “regole” per i lavoratori. Vale la pena richiamarne alcune: «Credi di poter cambiare il mondo. Lavora velocemente. Cerca di capire quando è più opportuno lavorare da solo e quando insieme ad altri».
Su questo aspetto è esemplare quanto avviene all'interno di Google, dove i collaboratori sono “costretti” a mettersi in gioco in prima persona, a “perdere tempo” con i colleghi, a divertirsi, a trasferire il proprio posto di lavoro in giardino o al bar. Il tutto per stimolare la creatività e la voglia di “pensare in maniera diversa”. I risultati sono noti a tutti, basti pensare al successo avuto da Gmail, il sistema di posta elettronica ideato da alcuni colleghi proprio durante una “pausa di lavoro” nel quartier generale di  Mountain View.

TVLP program durante una sessione di lavoro da Microsoft
Sessione di lavoro da Microsoft in Sunnyvale, California.

2. Have and share a dream – Credi in un sogno

La storia di ogni startup nasce da un sogno, dal desiderio di trasformare un'idea in un progetto imprenditoriale. “Sogna e condividi il tuo sogno” è l'invito che manager delle più importanti big company suggeriscono a chi visita la Silicon Valley.
«Condividi gli strumenti e le idee – si legge nel decalogo di HP –. Fidati dei tuoi colleghi. Le idee radicali non sono cattive idee. Inventa diversi modi di lavorare. Dai ogni giorno un contributo. Credi che insieme possiamo fare qualsiasi cosa. Inventa».

3. Benefit by the environment – Utilizza le risorse che ti circondano

Il concetto di fondo è un po' simile a quello dei distretti industriali in Italia, quelle realtà territoriali in cui è concentrata la maggior parte delle aziende operanti in un determinato settore, dalla ceramica al packaging, dall'alimentare al tessile, dalla meccanica all'arredamento.
L'ambiente imprenditoriale della Silicon Valley è caratterizzato da innovazione, collaborazione e assunzione di rischi. È questo il quadro motivazionale essenziale per i ricercatori e gli scienziati che scelgono di mettere a disposizione i propri talenti nel mondo dell'impresa. In quest'area è facile trovare e connettersi con mentori esperti dello stesso settore, per cercare una guida nel portare avanti la propria impresa imprenditoriale.
Quest'area offre un facile accesso al libero flusso di informazioni ed è una destinazione unica per ospitare regolarmente seminari, eventi, fiere e workshop. In Silicon Valley tutto si trasforma in opportunità, ogni luogo (che sia un bar o un co-working) diventa un'occasione per conoscere persone, fare nuove esperienze, promuovere i proprio progetti, cercare nuove opportunità.


Risorse circostanti nel create una nuova impresa
Le risorse circostanti sono fondamentali nel creare una nuova impresa

4. Be creative, innovative and measure success – Si creativo e cerca di misurare quello che fai

Ciò che rende tale la Silicon Valley è l'ecosistema di idee. “Essere creativi, innovativi e misurare il successo” significa “discernimento”.
Un imprenditore arriva qui con un'idea e le persone (il sistema, i colleghi, gli investitori...) decideranno immediatamente se è una buona idea, se potrà avere successo, o una cattiva idea, senza futuro. Se è buona, la alimenteranno, troveranno il modo di finanziartela, di farla funzionare.

5. Have and communicate passion – Lavora con passione e sii comunicativo

Certo, gli angel investor sono persone pragmatiche, vogliono dati certi per valutare se un progetto imprenditoriale potrà viaggiare con le proprie gambe una volta avviato. Ma sono pur sempre persone. Per questo agli imprenditori che arrivano in Silicon Valley da tutte le parti del mondo si consiglia di coltivare le proprie passioni e di essere in grado di comunicarle.
Se stai cercando di creare nuove importanti fonti di reddito per la tua azienda, è necessario avere una visione che sia convincente per le persone non solo per pochi mesi, ma per diversi anni. Devi dimostrare prima di tutto al tuo team, ai tuoi dirigenti e ai tuoi stakeholder che hai una visione a lungo termine, e devi dimostrare la passione necessaria per entusiasmare il resto della tua azienda. Farli eccitare e tenerli eccitati è una parte importante del lavoro di un leader.


Paolo Tomassone*



Articolo pubblicato per la prima volta nel 2018. Nella foto di copertina: manager di
Chalhoub e innovatori dalla Nigeria durante una sessione di lavoro al Graduate School of Business di Stanford

Robot e umani a braccetto per costruire il lavoro del futuro

Il progresso tecnologico e la globalizzazione incidono in modo decisivo sul mercato del lavoro. Quali sono le implicazioni dell'intelligenza artificiale?



Secondo la legge di Moore – che ha preso il nome da Gordon Moore, cofondatore di Intel – la potenza di un microprocessore «raddoppia ogni 18 mesi e quadruplica quindi ogni 3 anni». In sostanza un chip dei nostri giorni è circa 70 miliardi di volte più potente di quello degli anni 70. E fra una decina d’anni sarà migliaia di miliardi di volte superiore a quello attuale e di dimensioni sempre più ridotte. Se a questo si aggiungono i progressi attraverso l'intelligenza artificiale, il riconoscimento vocale, le nanotecnologie e la robotica in generale, gli esperti si aspettano la scomparsa del 60% degli attuali posti di lavoro. Quelli più penalizzati saranno i lavori manuali e intellettuali-esecutivi che verranno assorbiti dalle macchine o trasferiti nei Paesi emergenti.

Ma sarebbe un errore concentrarsi solo sulle conseguenze negative di questa rivoluzione globale e combatterla. Si tratta di rivoluzioni cicliche non troppo diverse ad esempio da quella che ha sostituito negli anni ‘70 le centraliniste con la commutazione automatica delle telefonate, o ha fatto sparire mestieri come gli spazzacamini. 

Nuovi spazi per il lavoro

Oggi il lavoro rappresenta in tutto il mondo uno dei problemi cruciali perché il suo mercato è in crescente squilibrio. Le statistiche sull’occupazione e la disoccupazione variano di giorno in giorno e da fonte a fonte, e i rimedi cui ricorrono i diversi governi non sempre risultano efficaci. È opportuno quindi soffermarsi un attimo sugli effetti dell'automazione sulle professioni e sui numeri legati al progresso tecnologico.
Se vent’anni fa occorrevano 60.000 operai per costruire un milione di automobili, oggi, grazie ai robot e ai nuovi sistemi organizzativi, ne bastano 20.000. 
Come ha calcolato l'economista e ex presidente di Nomisma, Nicola Cacace, nel 1891, quando la popolazione italiana era meno di 40 milioni, in un anno si lavorava per un complesso di 70 miliardi di ore. Cento anni dopo, nel 1991, gli italiani erano diventati 57 milioni ma lavoravano solo 60 miliardi di ore, eppure riuscivano a produrre ben tredici volte di più. Nel 2016 gli italiani sono diventati 61 milioni, hanno lavorato 40 miliardi di ore e hanno prodotto il 59% in più, essendo il Pil salito dai 1.268 miliardi di dollari del 1991 ai 2.142 miliardi del 2016.

«Fra dieci anni – spiega il sociologo Domenico De Masi nel libro Lavoro 2025. Il futuro dell'occupazione (e della disoccupazione), ed. Marsilio, 2017 – gli abitanti del pianeta saranno 8 miliardi: un miliardo più di oggi. Nel frattempo la potenza dei microprocessori sarà diventata centinaia di miliardi di volte superiore a quella attuale, i robot avranno sostituito molti operai, le macchine digitali molti impiegati e l'intelligenza artificiale parecchi creativi. Se a questo sviluppo tecnologico si aggiunge l'avanzata via via più rapida della globalizzazione, ci si rende conto che riusciremo a produrre sempre più beni e servizi con sempre meno lavoro umano».

Macchine che pensano cose

Il problema dell'automazione e l'idea che stia portando via lavoro, non è affatto nuovo. Ma il dibattito, come ha fatto notare James Manyika, senior partner di McKinsey & Company, durante una conversazione organizzata da McKinsey Global Institute (MGI), si è surriscaldato negli ultimi tempi probabilmente per un paio di macro motivi. «Negli ultimi anni, abbiamo assistito a progressi abbastanza straordinari raggiunti con l'intelligenza artificiale, i sistemi autonomi e la robotica. Negli ultimi 5 anni abbiamo fatto più progressi in alcuni sistemi di quanto non abbiamo visto negli ultimi 50 anni». In passato “automatizzare” un processo produttivo significava fondamentalmente aggiungere un muscolo o un braccio meccanico a ciò che le persone già facevano.
«Oggi – prosegue Manyika – abbiamo realizzato macchine che oltre ad aggiungere muscoli o automatizzare compiti di routine, fanno cose completamente nuove e diverse. Abbiamo a che fare con macchine che stanno effettivamente imparando a fare qualcosa, stanno scoprendo modelli, stanno scoprendo le cose stesse».

Questo grazie ai progressi compiuti dalle tecniche algoritmiche, alla quantità di potenza di calcolo dei computer (alle CPU [unità di elaborazione centrale] classiche, sono state aggiunte le GPU [unità di elaborazione grafica]); alla disponibilità di dati che le persone ogni giorno producono e che vengono “ospitati” nei grandi server. Dalla riduzione dei tassi di errore alla capacità di fare meglio le previsioni, fino alla possibilità di scoprire nuove soluzioni o intuizioni, i vantaggi per le imprese che decidono di investire in intelligenza artificiale sono difficili da ignorare. Così come è difficile contestare i benefici per gli utenti singoli: siamo diventati sempre più a nostro agio grazie alla tecnologia, sia nell'assistenza per il riconoscimento vocale che in altre tecniche utili. I vantaggi dell'intelligenza artificiale sono chiari: agli utenti, all'economia e alle imprese. 

Per affrontare gli effetti e le opportunità dell'automatizzazione nel mercato del lavoro, bisogna essere capaci di rispondere ad altre domande: cosa costerà sviluppare e implementare queste nuove tecnologie? In che modo giocherà nelle dinamiche del mercato del lavoro in termini di costi relativi per far sì che le persone lo facciano? Qual è la disponibilità di persone che possono svolgere questo compito al posto di una macchina? Come garantire la qualità anche nei lavori automatizzati? Quali saranno le competenze richieste alla forza lavoro? Tutti interrogativi a cui si cercherà di dare una risposta nei prossimi anni. Intanto non mancano i segnali incoraggianti.

“Se avessi chiesto alla gente cosa voleva, mi avrebbero detto cavalli più veloci” disse Harry Ford agli scettici sul successo delle automobili. I cambiamenti e il progresso tecnologico non si possono cambiare. Si possono invece comprendere e non farsi travolgere anticipando quello che succederà.
Bisogna guardare un po’ più in là e immaginare il futuro. Cosa che può fare solo l’uomo.

L'AI nella lotta contro COVID-19

Mentre il mondo sta affrontando una pandemia globale causata dal virus COVID-19, ogni oncia di innovazione tecnologica e ingegnosità sfruttata per combattere questa pandemia ci porta ad un passo nel progresso scientifico-tecnologico. L'intelligenza artificiale e l'apprendimento automatico stanno svolgendo un ruolo chiave per comprendere e risolvere la crisi sanitaria: i computer consentono di elaborare (si dice machine learning) grandi volumi di dati per identificare rapidamente schemi e verificare intuizioni dei ricercatori. Le aree dove le competenze di machine learning stanno dando i risultati migliori sono: comprendere come si diffonde COVID-19 e confrontare diverse terapie.

La tecnologia sta anche giocando un ruolo importante nel supportare la comunicazione e il lavoro in remoto, abilitare la telemedicina, e fare prevenzione. Lo screening senza contatto, ad esempio, è fondamentale. 
La startup francese Clevy.io ha usato la tecnologia cloud AWS (Amazon) per creare un chatbot (robot che risponde alle domande in chat) per fornire chiarimenti sulle misure attivate dal governo francese per contrastare il COVID-19. Alimentato da informazioni in tempo reale fornite dal governo di Parigi e dall'Organizzazione mondiale della sanità, il chatbot valuta anche i sintomi riferiti dal paziente. Con quasi 3 milioni di messaggi inviati fino ad oggi, il chatbot della Clevy.io è in grado di rispondere a domande su qualsiasi cosa alleggerendo i centralini delle strutture sanitarie. Le città francesi di Strasburgo, Orléans e Nanterre stanno usando il chatbot per decentralizzare la distribuzione di informazioni accurate e verificate.

L'apprendimento automatico sta inoltre aiutando i ricercatori ad analizzare grandi volumi di dati per definire sistemi atti a prevedere la diffusione di future pandemie e identificare le popolazioni più vulnerabili. La Chan Zuckerberg Biohub in California ha creato un modello per stimare il numero di infezioni COVID-19 che non vengono rilevate e le conseguenze per la salute pubblica in 12 regioni campione scelte in tutto il mondo. Utilizzando l'apprendimento automatico in collaborazione con le tecnologie diagnostiche di AWS (Amazon), hanno sviluppato nuovi metodi per quantificare le infezioni non rilevate, analizzando come il virus si muta mentre si diffonde attraverso la popolazione per dedurre quante trasmissioni sono state perse.

I fornitori di servizi sanitari e i ricercatori si trovano ad affrontare un volume esponenzialmente crescente di informazioni sul coronavirus che difficilmente potrebbero essere considerate da un cervello umano e generare intuizioni. AWS ha lanciato CORD-19 Search, un sito web che sfrutta tecnologie di apprendimento automatico per aiutare i ricercatori a identificare tra i tanti rapporti di ricerca e pubblicazioni scientifiche quelle più pertinenti a una determinata ricerca. La tecnologia è in grado di estrarre informazioni mediche rilevanti da testo non strutturato e offre solide capacità di query in linguaggio naturale, contribuendo ad accelerare il ritmo delle scoperte.

Quelli citati sono alcuni esempi delle numerose attività in corso che impiegano l'intelligenza artificiale nella lotta contro il COVID-19, una delle più promettenti barriere contro questo invisibile nemico.


Paolo Tomassone* e Tijana Kovijanic
*analisi originale di Paolo Tomassone del 2018 aggiornata a Luglio 2020.

Fondazione Golinelli: il fare impresa italiano si coniuga con la velocità del mondo globale

Ricerca, innovazione tecnologica e imprenditorialità riunite in un esempio vincente tutto italiano scelto dall'americana IEEE.



Gli italiani sono un popolo di imprenditori. Creatività e arte ci appartengono e sono gli elementi fondamentali per plasmare qualcosa di nuovo e generare innovazione. Ma serve qualcosa in più. Le idee oltre a diventare prodotti devono trovare un loro spazio sui mercati. Si tratta quindi di una cultura che unisce l’arte, la scienza e l’imprenditorialità e che è alla base della Fondazione Golinelli. Nata a Bologna nel 1988 per volontà dell’imprenditore e filantropo Marino Golinelli, oggi è un esempio, unico in Italia, di fondazione privata che si occupa di formazione, ricerca, e promozione industriale.  Situata in un affascinante ex capannone industriale, la fondazione favorisce la crescita culturale e diffonde, attraverso molteplici progetti, conoscenza e strumenti per affrontare in modo
responsabile e propositivo il futuro sia professionale sia umano degli individui. Un modello di successo scelto nel 2019 dalla IEEE, la più grande organizzazione scientifica degli ingegneri con sede a New York, per la sua conferenza internazionale ICTE dedicata a tecnologia e cultura imprenditoriale.

L’ingegnere Antonio Danieli, Direttore ed apprezzato manager del terzo settore, ha condotto operativamente la Fondazione, attraverso le linee strategiche previste dal piano di sviluppo chiamato Opus 2065, voluto dal Fondatore e sviluppato dal CdA. Anche attraverso autorevoli collaborazioni nazionali e internazionali, è stato possibile creare un grande ecosistema per mettere in filiera progetti volti a contribuire a tutti i livelli della formazione: da quella scolare fino all’alta formazione, alla ricerca, e al trasferimento tecnologico con la creazione d’impresa. I destinatari sono i giovani, accompagnati nei percorsi scolastici secondari, affiancati nel periodo universitario e supportati nel mondo delle imprese.

L’offerta della Fondazione Golinelli rispecchia la sua organizzazione interna. Un’organizzazione in-house svolge attività formativa a livello nazionale e l’incubatore G-Factor crea nuove imprese. Nella struttura di Opificio Golinelli trovano sede anche il Competence Center – unico nel suo genere in Italia – che crea il collegamento con l’ecosistema imprenditoriale del territorio attraverso un network di 50 aziende, 4 Atenei e la rappresentanza della Regione Emilia Romagna, un laboratorio per l’occupabilità finanziato dal MIUR e due presidi Culturali: il Centro Arti e Scienze e la Scuola di Dottorato in ‘Data Science and Computation’ fatta insieme all’Università di Bologna, Politecnico di Milano, Cineca (Consorzio Interuniversitario Italiano) ed Istituto Italiano di Tecnologia di Genova.

Seguendo il rapido sviluppo scientifico e tecnologico, afferma Danieli, si ha il dovere di confrontarsi con nuovi temi quali i Big Data e l’intelligenza artificiale. E’ su questo percorso che la Fondazione esprime il meglio lavorando con imprese start-up in fase iniziale (detta seed) all’interno dell’acceleratore G-Factor. L’Emilia-Romagna ospita il 10% delle imprese italiane registrate come innovative, circa 1.000. Di queste, buona parte orbita a vario titolo intorno alla Fondazione Golinelli. Il sistema italiano per crescere dovrebbe puntare ancora di più, trasformando la creatività dei giovani in imprenditorialità. Per essere un imprenditore, afferma l’Ing. Danieli, non è sufficiente avere una buona idea e vincere qualche premio. Fare l’imprenditore comporta fatica e coraggio, supportati da profonda cultura, capacità nel calcolo del rischio, con una forte propensione nell’essere propositivi.

La creatività ed il saper fare “italiano” devono accompagnarsi a questa voglia di mettersi in gioco, tipica e preziosa capacità degli imprenditori italiani dei tempi di Marino Golinelli, creatore della farmaceutica Alfa-Wassermann (ora nota come Alfasigma dopo la acquisizione dell’italiana Sigma-Tau). La sfida vera è essere in grado di tenere vivo questo modello e affrontare le nuove sfide. Le imprese di oggi devono scalare velocemente e raggiungere mercati. L’accesso al capitale ed agli investitori professionali può dare un importante aiuto e sostituisce il modello ‘familiare’ degli anni passati. E’ una questione di formazione, di forma mentis, che è la vera chiave del successo.


Vincenzo Tizzani e Antonio Visini*

Vincenzo Tizzani è un ingegnere dell'informazione. Ha ricoperto diversi ruoli nel Consiglio dell'ordine di Bologna e a livello nazionale.
Antonio Visini è un ingegnere e appassionato di innovazione. E’ membro di IEEE e collabora alla conferenza IEEE ICTE 2020

*L'articolo si basa sull'intervista condotta da Antonio Visini ed è stato pubblicato per la prima volta in Ingegnere Italiano nel giugno 2020

Lavorare in Silicon Valley è come fare surf quando tira forte il vento

Una analisi sul campo per raccontare la cultura lavorativa, e lo stile di vita, della valle più innovativa del mondo



Ti immetti nella superstrada. Entri nel flusso del traffico intensissimo già alle 6 e mezza del mattino. Rispetti i limiti e segui le regole, perché sai che le strade sono controllate, sempre. E vai avanti verso la tua meta, che può cambiare ogni giorno, ogni settimana, ogni mese. C’è chi è disposto a fare due ore d’auto per raggiungere il luogo di lavoro. Ma se abiti a San Francisco e in ufficio ci arrivi a piedi, scendi comunque dalle scale già con il badge in mano e bevi il caffè mentre cammini.

Per gli occhi distratti e superficiali questo può sembrare un ritmo frenetico, ma conviene usare molta cautela a giudicare il “modello di lavoro” americano. Almeno qui in Silicon Valley, dove in un garage può nascere una startup da due entusiasti giovani laureati, e dove quella stessa piccola impresa qualche anno dopo può essere quotata da venture capitalist milioni di dollari.


Si costruisce, si costruisce in continuazione. In Van Ness Ave, all’angolo con Geary St., a San Francisco c’è un cantiere; gli operai entrano in un palazzo con un enorme cartello all’ingresso: “Work with heart. Build with care”. Forse sai di far parte di un sistema, che ti chiede di giocare a quelle regole, ma sai anche che lo devi “fare con il cuore”, con quella passione che hanno le persone talentuose, che credono nel proprio progetto imprenditoriale e sanno che, prima o poi, verrà valutato e, chissà, magari lanciato nel mercato globale. È questo il messaggio più positivo che arriva dalla Silicon Valley: non smettere mai di credere nella tua idea, lavora con passione, segui l’esempio di chi ti ha preceduto, corri e sii onesto.

Un giovane sulla trentina, programmatore, in pausa per un caffè da Peet’s indossa una felpa e sulla schiena ha stampato “Culture. Culture. Culture. Culture. Culture”. Questo “modello della Silicon Valley” non può essere riprodotto fuori dalla Silicon Valley. Ma la cultura sì. Questa è una educazione che non si apprende sui libri, in biblioteca o nelle aule universitarie. Va avanti solo se ci si contamina.

Le multinazionali come Google, Facebook, Intel, LinkedIn hanno costruito dei veri e propri campus, una sorta di “vita oltre il lavoro” da vivere sempre dentro le mura dell’azienda, dalla palestra al ristorante, dal salone di bellezza al meccanico per l’auto. I più critici penseranno a una forma di alienazione che obbliga una persona ad essere connesso h24, ma le opportunità di questo “welfare aziendale 4.0” sono enormi. Soprattutto perché consentono di creare e alimentare quelle relazioni fondamentali per trasmettere la cultura imprenditoriale della Bay Area.


Condividere il proprio progetto con altre “menti” è utile per dare gambe al quel progetto. Ecco perché qui gli innovatori si incontrano, si contaminano, parlano dei propri risultati e anche dei fallimenti.
Lo fanno in ufficio o durante il breakfast, lo fanno durante gli eventi di networking organizzati ogni sera da associazioni e aziende, tra San Jose e tutta l'area intorno a Palo Alto. Lo fanno per strada e nei workspace nati non solo per risparmiare sui costi delle strutture, ma con l'obiettivo di mettere più cervelli a contatto tra loro.

La mobilità qui in California non è un concetto astratto e tanto meno negativo. È una condizione necessaria, è come "surfare" quando tira il vento, è come uplodare su una Rete superveloce. Avere al collo il budge mattina e sera è l'allenamento giusto per rimanere al passo con i tempi, perché l'economia può anche rallentare ma le buone idee che trasformano il mondo non si possono incatenare.


Paolo Tomassone

Ph.Credit. Photo by Annie Spratt on Unsplash. Pubblicato la prima volta Sett. 2017