Quando Massimo
Bocchi, coordinatore dell'evento, dopo aver
introdotto l’argomento del panel, chiede quante siano le persone che
partecipano per la prima volta, più della metà dei presenti nell’Aula Magna
della Facoltà di Economia dell’Università di Bologna alza la mano. E’ questa
l’immagine più nitida di cosa sia oggi il Brainstorming
Lounge: non più un ritrovo tra pochi intimi, ma una comunità in espansione,
un aggregatore di persone che sentono sempre più pressante la necessità di mettere
a frutto le proprie idee e di farlo possibilmente rimanendo in Italia. Per
quanto grossolano, il risultato non deve sorprendere più di tanto. Il mese di
ottobre appena trascorso, infatti, può a buon diritto essere ricordato per la
definitiva consacrazione delle start-up
quale motore della crescita del paese e soluzione alla crisi economica che lo
attanaglia. Tale consapevolezza sembra essersi radicata tra i nuovi
imprenditori, che numerosi come mai, hanno affollato eventi quali TechCrunch
Italy e trovato interesse nel recente Decreto Sviluppo fatto dal Governo italiano.
Durante il dibattito che ha animato il quinto
e ultimo evento Brainstorming Lounge dell’anno 2012, Maurizio Savioli, Francesco
Baschieri e Filippo Dal Fiore,
incalzati dalle domande di Arianna
Tibuzzi, hanno discusso di modelli di sviluppo e crescita di una start-up e
del ruolo degli investitori all’interno dell’azienda. Maurizio Savioli, 44
anni, laurea in Economia e MBA al Politecnico di Milano, ha iniziato piuttosto
tardi la sua esperienza imprenditoriale, dopo una lunga carriera da manager. Lo
ha fatto prima entrando come socio finanziatore in Minteos, poi co-fondando EnvEve
assieme a Marco Brini. Entrambe le aziende operano nell’avveniristico e
affascinante campo dell’Internet of
Things. Il racconto di Maurizio sfata molti luoghi comuni riguardo al modo
di operare di un investitore. Lungi dall’elaborare complesse analisi
economico-finanziarie, quando ha scelto di investire i propri soldi in Minteos,
Maurizio ha preso una decisione “di pancia”, affidandosi alla sua sensibilità
verso le tematiche ambientali e confidando nelle capacità imprenditoriali del
proprio partner. A suo modo di vedere, inoltre, nel definire gli accordi di
finanziamento, l’investitore dovrebbe porre meno condizioni possibili, in modo
da stabilire una certa empatia con il team imprenditoriale e favorirne una
maggiore coesione.
Francesco Baschieri, 37 anni, ingegnere informatico, è il
prototipo dell’imprenditore seriale, nonché l’unico tra gli ospiti presenti ad
aver avuto un’esperienza di exit. La sua prima avventura inizia nel 2007 con la
fondazione di Waymedia, società
specializzata nello sviluppo di tecnologie di proximity marketing e termina nel 2010 con la vendita a un grosso
cliente. Il capitale ottenuto viene investito in un nuovo progetto, Spreaker, un sistema cloud per trasmettere
contenuti radiofonici via web. Nei primi due anni di attività, l’impresa ha
chiuso due round di finanziamento: il primo, durato nove mesi, ha visto
coinvolti gli Italian Angels for Growth,
gruppo di Business Angel già contattato senza esito nella precedente
esperienza, il secondo, rivelatosi meno complicato, è durato un solo mese e ha visto
la partecipazione anche del fondo Ingenium.
Attualmente Spreaker ha sede negli Stati Uniti, dove sono in corso trattative
con un corporate Venture Capital. Secondo Francesco, il segreto del successo di
una start-up risiede nella sua capacità di generare cash flow. Il caso di
Waymedia è emblematico: l’azienda disponeva di un prodotto facilmente
monetizzabile, i cui introiti le hanno consentito di sopravvivere senza
investimenti esterni. Al contrario, Spreaker,
essendo caratterizzata da una preponderante componente di servizio, ha
bisogno di raggiungere una certa massa critica di raccolta pubblicitaria per
ottenere flussi di cassa di rilievo. Parlando dei term sheet, Francesco rimarca la differenza esistente tra
l’investimento effettuato da un singolo angel e quello effettuato da un gruppo
di Business Angel. In quest’ultimo caso il livello di controllo e di influenza
sul team imprenditoriale è molto elevato: nel contratto vengono inserite
clausole finanziarie, operative e in alcuni casi persino vessatorie; può essere
prevista anche l’uscita preferenziale in caso di rendimenti al di sotto delle
aspettative.
Filippo Dal Fiore, 32 anni, laurea in Scienze delle Comunicazioni
e ricercatore al MIT di Boston, è invece alla sua seconda start-up, ma non ha
mai raccolto finanziamenti da business angel o fondi di venture capital. Dopo
il PhD ha co-fondato Currentcity
Foundation, fondazione con sede ad Amsterdam che opera nel settore Smart City. Filippo racconta delle
difficoltà incontrate nel reperire finanziamenti da fondi di Venture Capital e
la possibilità di supportare la propria azienda tramite finanziamenti pubblici
o corporate. Nel caso di Currentcity sono state proprio queste partnership che
hanno portato, oltre al capitale, alla focalizzazione della start-up verso i
bisogni specifici dei clienti, dando quindi una visione del mercato di
riferimento.
In tema di exit,
secondo Maurizio Savioli, è necessario pensare fin da subito a una strategia.
Filippo Dal Fiore ritiene invece che non tutte le aziende necessitino di una
exit e che, anzi, una start-up non dovrebbe averla come obiettivo primario, pur
ammettendo che vendere un prodotto sviluppato in proprio è molto più complicato
che affidarsi a un’azienda che dispone di una rete di vendita capillare.
Francesco Baschieri ha posto in risalto le difficoltà incontrate nella sua
esperienza di exit e spiegato le motivazioni che lo hanno condotto a preferire
questa opzione: quando si hanno tante idee in testa e quando all’interno del
team imprenditoriale gli interessi cominciano a divergere è bene chiudere
un’esperienza e cominciarne un’altra.
Gli ultimi dieci minuti sono dedicati alle
domande dal pubblico e, come di consueto, al Pitch Corner: Matteo Margini
per PashionVictim, Pamela Marchi per DoubleCheck
e Luca Degli Esposti per Sayit sono gli start upper selezionati.
Con la voce spesso rotta dall’emozione, presentano, nel breve tempo a disposizione,
i loro progetti e spiegano di cosa hanno bisogno per portarli avanti: team,
capitale, consigli. Infine, Raffaele
Dammacco, in rappresentanza di Italia
Camp invita i presenti a prendere parte agli Stati Generali del Centro-Nord che si terranno l’1 dicembre a Verona e a partecipare al concorso “Un’idea per il Paese”. Le proposte pervenute verranno valutate da
un comitato scientifico e le dieci migliori verranno presentate alla Presidenza
del Consiglio, che si attiverà per metterle in pratica.
Al termine del dibattito, nell’atrio
antistante l’aula magna va in scena il networking.
Fra mani che si stringono e calici che si incrociano, idee e informazioni fluiscono
liberamente. Si respira un’atmosfera in cui domina la voglia di creare, di
confrontarsi, di raccontare le proprie idee e ascoltare i consigli di chi
ascolta. Il Brainstorming Lounge ancora una volta dimostra che c’è voglia di
fare community tra imprenditori e giovani start-upper e di creare un nuovo
ecosistema.